Niyama, le osservanze personali nello Yoga
Oggi parliamo di Niyama!
Dopo gli Yama, i Niyama rappresentano il secondo degli 8 passi dello Yoga di Patanjali.
Se pratichi Yoga sicuramente sai già a cosa mi riferisco…
Ma sei davvero sicuro di conoscerne il significato profondo?
E sei certo di mettere in pratica i Niyama nella tua vita quotidiana?
Proseguiamo dunque il nostro viaggio alla scoperta di quel sentiero straordinario chiamato Ashtanga Yoga (infatti “Ashta” vuol dire “otto”, mentre “Anga” significa “passi” o “membra”).
Insieme agli Yama, di cui abbiamo parlato nel precedente articolo, i Niyama costituiscono le fondamenta dello Yoga Classico la cui pratica, come saprai, non si esaurisce con l’esecuzione degli Asana sul tappetino!
Mentre gli Yama si riferiscono ai “principi etici” con i quali ci relazioniamo agli altri all’interno della società, i Niyama costituiscono le cosiddette “osservanze personali” che ci aiutano ad affrontare il rapporto con noi stessi.
Sia Yama che Niyama non sono da considerarsi come divieti o obblighi, piuttosto rappresentano dei valori universali ed esistenziali…
Se preferisci puoi vedere Yama e Niyama come dei preziosi suggerimenti per condurre una vita in perfetto stile yogico!
Nelle prossime righe cercheremo quindi di capire meglio il significato del concetto di Niyama, vedremo nel dettaglio quali sono i 5 Niyama e soprattutto scopriremo come praticarli in maniera corretta, dentro e fuori dal tappetino…
Sei pronto? Cominciamo!
Che cosa sono i Niyama nello Yoga?
Come per gli Yama, anche in questo caso, Patanjali introduce il concetto di Niyama all’interno del secondo libro degli Yoga Sutra: il Samadhi Pada.
Infatti, Yama e Niyama sono principi strettamente correlati e spesso vengono trattati insieme poiché, per poter realmente evolvere lungo il percorso yogico, gli uni non possono e non devono escludere gli altri.
Per comprendere la relazione fra i primi due passi dell’Ashtanga Yoga il Maestro B.K.S Iyengar utilizza la splendida metafora dell’albero:
«… Yama è la radice dell’albero dello Yoga.
Poi viene il tronco, che si propaga ai principi del Niyama…»
(B.K.S Iyengar – “L’Albero dello Yoga”).
Ma veniamo al significato del termine…
La parola sanscrita Niyama può essere tradotta come “osservanze”, “prescrizioni” o “limitazioni”.
Infatti l’etimologia deriva dal prefisso “ni” che significa “in profondità” e “yama” che vuol dire “controllare”, “gestire”, “governare”.
Dunque i Niyama rappresentano una serie di discipline individuali che si rivolgono verso la nostra interiorità, in una prospettiva di crescita personale e spirituale.
Possiamo quindi considerare i Niyama come valori e atteggiamenti esistenziali utili per migliorarci nel pieno rispetto della nostra unicità.
Quali sono i 5 Niyama?
Scopriamo ora quali sono i 5 Niyama descritti dal Saggio Patanjali all’interno dei suoi Yoga Sutra, l’opera cardine della filosofia dello Yoga Classico:
- Saucha
Il primo dei 5 Niyama si riferisce alla pratica della “pulizia”, intesa più generalmente come concetto di “purificazione” e “purezza”.
Questa osservanza si riferisce all’importanza di preservare l’igiene del nostro corpo fisico internamente ed esternamente, ma anche e soprattutto di giungere ad una purificazione profonda di tutto l’Essere. - Santosha
Il secondo Niyama riguarda la “contentezza”, intesa come “appagamento” e “soddisfazione” ma anche “modestia”.
Tale principio ci invita a gioire di ciò che siamo, di ciò che abbiamo e ci esorta a vivere una vita semplice.
Santosha rappresenta infatti uno stato di genuina felicità, a prescindere da ciò che accade intorno a noi. - Tapas
Il terzo Niyama simboleggia il concetto di “disciplina”, “ardore”, “forza” ma anche l’austerità che è necessario coltivare lungo il nostro percorso di crescita spirituale.
Questo principio riguarda la nostra forza di volontà che ci porta anche al raggiungimento dei nostri obiettivi di vita. - Svadhyaya
Secondo Patanjali il quarto Niyama riguarda la lettura e lo “studio dei testi sacri”. Inoltre, questa osservanza si riferisce più generalmente allo studio individuale, ovvero alla conoscenza e alla consapevolezza di sé.
In una sola parola ciò significa “introspezione”. - Ishvara Pranidhana
Il quinto ed ultimo Niyama rappresenta l’abbandono ad un Essere Supremo, la capacità di “arrendersi al Divino” (Ishvara).
Nel complesso possiamo intendere tale osservanza come la capacità di affidarsi a qualcosa di più grande di noi, sia esso l’intero Creato o la Natura che ci sovrasta.
Ora che abbiamo compreso il significato dei 5 Niyama proviamo a scoprirli uno ad uno…
1 | Saucha: pulizia
Come abbiamo visto fin qui Saucha rappresenta l’osservanza morale della “pulizia” e della “purezza”.
Ecco come Patanjali descrive questo Niyama all’interno degli Yoga Sutra:
L’indicazione personale di Saucha ci invita sicuramente a prenderci cura del nostro corpo fisico attraverso una corretta igiene anche perché, secondo la tradizione tantrica, esso rappresenta il tempio della nostra anima.
Ma il concetto di “pulizia” riguarda anche la nostra mente e le nostre emozioni!
Non a caso, la tradizione dello Yoga, prevede diverse pratiche di purificazione che vanno ad agire sia sul corpo grossolano che su corpo sottile (o pranico).
Per esempio, l’opera Gheranda Samhita menziona alcune tecniche di purificazione attraverso varie pratiche di lavaggio della lingua, orecchie, denti, naso, stomaco e intestino… Solo per citarne alcuni.
E ancora, l’Hatha Yoga Pradipika, uno dei testi più importanti dell’Hatha Yoga, prevede delle pratiche purificatorie chiamate Shatkarma o Kriya tra cui:
- Neti, che prevede sia il lavaggio nasale con acqua (Jala Neti) che con una cordicella (Sutra Neti)
- Nauli, un massaggio addominale attraverso il controllo dei muscoli involontari dell’addome
- Kapalabhati, che riguarda la pulizia del cranio e dei polmoni ed è considerato anche un Pranayama rivitalizzante
- Dhauti, che riguarda la pulizia del tratto digestivo
- Basti, che prevede il lavaggio del colon
- Trataka, un metodo di purificazione degli occhi che si esegue fissando un singolo punto o la fiamma d’una candela ed è considerato anche una tecnica di Meditazione.
Inoltre, devi sapere che anche la pratica degli Asana, del Pranayama e della Meditazione sono ottimi strumenti per purificare il corpo, la mente e lo spirito!
Ma ora proviamo a capire come tradurre questo Niyama nella vita di tutti i giorni…
Come praticare Saucha?
Nonostante le numerose (e a volte complesse) indicazioni praticare Saucha nella vita di tutti i giorni non è affatto complicato.
Come abbiamo già visto per applicare correttamente questo Niyama è indispensabile prendersi cura della propria igiene personale (sia esternamente che internamente).
Inoltre, è importante dedicarsi con costanza alla pratica delle posizioni Yoga, alle tecniche di Pranayama e alla Meditazione: veri alleati per l’eliminazione delle tossine.
Non solo! Mettere in pratica l’osservanza personale della “pulizia” significa anche prestare attenzione al cibo che ingeriamo in modo da mantenere il più possibile “puri” il nostro corpo e la nostra mente.
In questo caso sarebbe bene privilegiare un’alimentazione a base di prodotti disintossicanti ma soprattutto divenire consapevoli dell’importanza di ciò che ingeriamo.
Infine considera che, a volte, anche i tuoi pensieri potrebbero essere “nocivi” o “intossicanti”.
Le fluttuazioni incessanti della mente talvolta possono creare confusione e allontanarci dal concetto di “purezza”.
Un esempio? Prova a pensare alla quantità di informazioni o notizie negative da cui siamo inondati ogni giorno…
Ecco alcuni consigli pratici per mettere a frutto Saucha nella vita quotidiana:
- Prenditi cura ogni giorno del tuo corpo in ogni sua parte: non trascurare mai l’igiene personale
- Mantieni pulita la tua casa, cerca di tenere ordinati gli spazi in cui vivi, lavori e pratichi Yoga
- Presta attenzione a ciò che ingerisci e, se puoi, prediligi i cibi detox, magari seguendo i principi indicati dall’Ayurveda in base al tuo Dosha
- Adotta semplici accorgimenti per limitare l’eccesso di informazioni negative da tv, giornali e social media che a volte possono alimentare inutili stati di paura e tensioni
- Dedicati quanto più possibile alla pratica di Asana, Pranayama e Meditazione
Saucha e posizioni Yoga
Come detto in precedenza, la pratica delle posizioni Yoga rappresenta un mezzo potentissimo per applicare il Niyama di Saucha descritto da Patanjali.
Di fatto questa osservanza personale si esprime perfettamente attraverso l’esecuzione di qualsiasi Asana in quanto ciascuno di essi contribuisce a tonificare e a migliorare la salute di corpo e mente, oltre che a liberarci dalle tossine!
Tuttavia ritengo che i benefici delle torsioni siano particolarmente indicati per regalarti una completa purificazione degli organi interni e, in generale, una “pulizia” di tutto il corpo.
Inoltre, c’è un’altro gruppo di Asana straordinari che ti potrebbero consentire di sperimentare un incredibile senso di “liberazione” e di allontanamento dalle scorie nocive… Mi riferisco alle posizioni di inversione!
Infatti, sul piano psicologico, le posizioni capovolte ti aiutano a cambiare le polarità energetiche del corpo e a ribaltare gli schemi mentali che molto spesso sono proprio la causa di un stato di “pesantezza”.
In più, gli Asana a testa in giù, hanno un ruolo molto importante nella pratica Yoga in quanto ci aprono alla “dimensione sacra” della disciplina.
Ecco alcuni Asana di inversione che potrebbero fare al caso tuo, sia che tu sia un principiante che un praticante esperto:
- Adho Mukha Svanasana (la posizione del Cane a faccia in giù)
- Salamba Sarvangasana (la posizione della Candela)
- Halasana (la posizione dell’Aratro)
- Adho Mukha Vrksasana (la posizione dell’Albero capovolto)
- Pincha Mayurasana (la posizione del Pavone Reale)
- Vrischikasana (la posizione dello Scorpione)
- Sirsasana (la posizione Yoga sulla testa)
2 | Santosha: contentezza
Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta del secondo Niyama per parlare di Santosha, la “contentezza”.
Si tratta di un’osservanza personale davvero bella!
Infatti, il Niyama di Santosha riguarda la sensazione di “appagamento” di “gioia incondizionata” e “soddisfazione” per noi stessi e per quello che la vita sa donarci ogni giorno…
Attraverso questo Niyama Patanjali ci insegna ad accontentarci di ciò che siamo e di ciò che abbiamo.
Ma devi sapere che il termine “accontentarsi” non va inteso in senso di un’accettazione passiva…
Dopotutto Santosha è un invito a ad accogliere la realtà con consapevolezza imparando a valorizzarne gli aspetti positivi e le opportunità che ogni esperienza ci regala.
Infine, lo straordinario messaggio che questo Niyama ci suggerisce è che, la vera felicità, proviene dall’interno di noi stessi ed è svincolata dagli accadimenti quotidiani.
Vediamo subito come applicare questo concetto nel quotidiano…
Come praticare Santosha?
Di fatto qualunque tipo di pratica Yoga ci consente di applicare il principio filosofico di Santosha.
L’esecuzione delle posizioni Yoga, il Pranayama e la Meditazione, ad esempio, ci aiutano moltissimo a mettere in pratica questo Niyama in quanto contribuiscono a portare pace e calma nella nostra vita, e più in generale, ci permettono di essere grati del momento presente.
Infatti, ciò che conta davvero nella pratica Yoga di Santosha, dentro e fuori dal tappetino, è accettare serenamente tutto ciò che accade restando con consapevolezza nel momento presente.
In altre parole, non aspettarti sempre di ottenere il massimo ma non frustrati se quello che desideri non accade. Resta sempre nel qui ed ora!
Presto ti accorgerai che la cosa che ti appaga davvero è stare semplicemente nel momento presente, a prescindere dai frutti delle tue azioni.
E, probabilmente, ti renderai anche conto di come in questo frangente la mente sia finalmente libera da desideri, paure e rimpianti.
Ed eccoti qualche consiglio per mettere in pratica Santosha nella vita di ogni giorno:
- Sii grato per ciò che sei e che possiedi
- Nelle situazioni difficili prova a sfruttare il senso dell’umorismo per liberare la mente dai pensieri negativi e generare un’energia positiva che, anche nei momenti bui, possa essere per te costruttiva
- Impegnati in attività che ti danno maggiori soddisfazioni e che possono aiutarti a valorizzare la parte migliore di te
- Prova ad accettare qualunque sorpresa ti riservi la vita e accoglila come un’occasione da cui poter imparare qualcosa che possa aiutarti a crescere
- Cerca di sorridere più spesso
Santosha e posizioni Yoga
Se sei arrivato fin qui avrai facilmente intuito come anche il Niyama di Santosha possa essere raggiunto attraverso qualsiasi posizione Yoga, purché eseguita con grande consapevolezza.
Infatti, il processo della “contentezza” si realizza quando assumiamo un Asana in maniera stabile e confortevole, senza sforzarsi eccessivamente o pretendere che la posizione sia “perfetta”.
Per aiutarci a coltivare ed alimentare la nostra attitudine alla gioia potremmo, ad esempio, concentrarci sulle posizioni Yoga che lavorano sull’apertura delle nostre anche.
Questo tipo di Asana, generalmente associate all’Elemento Acqua (in sanscrito Apas) e al secondo Chakra Svadhisthana, vanno a stimolare tutto ciò che è legato alle emozioni profonde, tra cui anche la gioia e il piacere.
Inoltre, sul piano psicologico, riequilibrare la zona delle anche significa sciogliere e lasciare andare eventuali tensioni (o limitazioni) accumulate nel corpo fisico per far scorrere in maniera fluida la nostra energia.
Ecco un elenco di Asana per lavorare sull’apertura delle anche e sulla relativa articolazione:
- Hanumanasana (la posizione di Hanuman o spaccata sagittale)
- Baddha Konasana (la posizione dell’Angolo Contenuto, conosciuta anche come posizione Yoga della Farfalla o del Ciabattino)
- Brahmasana (la posizione di Brahma)
- Siddhasana (la posizione Yoga Perfetta)
- Utthita Trikonasana (la posizione del Triangolo Esteso)
- Padmasana (la posizione del Loto)
3 | Tapas: ardore e disciplina
Siamo giunti a Tapas, il terzo Niyama che si colloca lungo il sentiero dell’Ashtanga Yoga.
Devi sapere che, secondo Patanjali, i Niyama di Tapas, Svadhyaya e Ishvara Pranidhana, rappresentano una sorta di sistema Yoga a sé stante: il cosiddetto Kriya Yoga o Yoga dell’Azione.
L’osservanza personale di Tapas può essere tradotta come “ardore” o “disciplina”.
Il termine sanscrito Tapas deriva dalla radice “tap” che letteralmente significa “bruciare”, vale a dire riscaldare il corpo per purificarlo.
Dunque tale prescrizione indica il “calore ascetico” ma anche lo “zelo”, la “determinazione” e “austerità” e rappresenta il “fuoco della volontà”, “l’ardente aspirazione”.
Inoltre, nel percorso iniziale di crescita di uno Yogi, Tapas può voler dire, in senso stretto, autodisciplina.
In questi termini, tale Niyama può essere considerato come quello “sforzo” necessario a mantenere la costanza nella pratica e, magari, a garantire la giusta motivazione per proseguire nel proprio cammino di crescita spirituale.
Infine, è possibile interpretare il concetto filosofico di Tapas anche come “passione” e “determinazione” nel voler eliminare ogni impurità fisica, mentale ed emozionale.
Ma vediamo ora come poter applicare questo Niyama nella vita quotidiana…
Come praticare Tapas?
Seguire il principio filosofico di Tapas è fondamentale, sia nella tua pratica sul tappetino che nella vita di tutti i giorni.
Infatti sono numerose le piccole azioni quotidiane che si possono fare per applicare questo Niyama e rafforzare la nostra personale disciplina.
Ad esempio, puoi considerare Tapas come il “motore” che ti serve per regolare al meglio le tue abitudini alimentari o per porre maggiore attenzione alla tua postura.
Ma come fare?
Immagina di prendere “un voto”, di rinunciare a qualcosa che magari non ti serve nemmeno e datti alcune regole da rispettare. Cerca di nutrire una profonda determinazione e forza di volontà…
Inoltre, in tutto ciò che fai, prova a coltivare un’attitudine alla calma e alla pazienza e a farlo con grande perseveranza.
Di seguito ti lascio qualche spunto a cui potresti attingere per mettere concretamente in pratica Tapas:
- Prova a prefissare un piccolo e semplice obiettivo come, ad esempio, meditare 5 minuti ogni giorno, ma cerca di portarlo a termine e sii costante nel farlo!
- Durante la tua pratica di Asana cerca di assumere le posizioni in maniera non meccanica e mantienile con quanta più consapevolezza possibile
- Presta attenzione ad ogni azione quotidiana mettendoci passione e un pizzico di disciplina in più
Tapas e posizioni Yoga
Come ogni altro Niyama puoi mettere a frutto l’osservanza personale di Tapas ricorrendo a qualsiasi posizione Yoga.
Infatti, ciò che importa realmente, è porre “passione” e “cura” in ogni singolo movimento, respiro dopo respiro…
Tuttavia trovo che la famiglia degli Asana di forza sia perfetta per consentirci di sperimentare sulla nostra pelle l’idea di “ardore”, “forza” e “determinazione”.
Infatti, questo gruppo di posture a terra, solitamente richiede un uso specifico di braccia, spalle e soprattutto degli addominali.
Pertanto gli Asana di forza lavorano prevalentemente nella zona relativa al terzo Chakra Manipura che rappresenta anche la sede dell’energia vitale.
Inoltre, sviluppare l’area del “core” influenza la nostra capacità di rimanere stabili di fronte agli ostacoli della vita ed ha un effetto diretto sull’autostima.
Ecco alcuni Asana di forza di cui potresti fare esperienza:
- Chaturanga Dandasana (la posizione del Bastone a terra)
- Navasana (la posizione della Barca)
- Vasisthasana (la posizione del saggio Vasistha o panca laterale)
- Bakasana o Kakasana (posizione della Gru o del Corvo)
4 | Svadhyaya: lo studio dei testi e di sé
Il nostro viaggio alla scoperta dei Niyama prosegue con Svadhyaya.
La quarta osservanza personale descritta da Patanjali nei suoi Yoga Sutra riguarda la lettura e lo “studio dei testi sacri”.
Ma non solo…
Il termine Svadhyaya deriva dalle parole sanscrite “sva” che significa “se stessi” e “adhyaya” che significa “studio” o “pratica di lettura” dei testi sacri come, ad esempio, i Veda.
Dunque tale Niyama può concretizzarsi attraverso la lettura dei testi antichi e dei grandi Maestri del passato poiché Patanjali non pone vincoli circa la scelta delle opere.
Inoltre per mettere in atto Svadhyaya è possibile anche dedicarsi alla recitazione dei Mantra ma, di fatto, puoi scegliere qualunque testo per il tuo studio privato.
Infine devi devi sapere che, questa osservanza, si riferisce più generalmente allo studio individuale, ovvero alla conoscenza e alla consapevolezza di sé.
Pertanto mettere a frutto Svadhyaya significa lavorare di “introspezione”.
Cerchiamo allora di capire meglio come mettere in pratica questo Niyama nella vita quotidiana…
Come praticare Svadhyaya?
Il Niyama di Svadhyaya può essere applicato in ogni momento della tua vita e della giornata. Per farlo è però indispensabile coltivare con cura la propria coscienza autoriflessiva.
Attraverso questa osservanza personale Patanjali non solo ci insegna l’importanza di studiare e approfondire le nostre conoscenze sulla disciplina dello Yoga attraverso le scritture, ma ci suggerisce anche di guardare attentamente al nostro interno.
Infatti, uno dei metodi più efficaci per esercitare Svadhyaya è quello di imparare a conoscerci nel profondo, cercare di scoprire la nostra vera Natura e non smettere mai di porci delle domande.
Come ogni pratica anche questa saprà dare i suoi risultati se alimentata con costanza, determinazione e tanta pazienza.
Immagina di vivere ogni singolo giorno come una nuova opportunità per indagare quella che è la tua Essenza… Intraprenderai così un viaggio di crescita continua alla volta della reale consapevolezza!
Ed ecco alcuni consigli pratici per applicare Svadhyaya nel tuo quotidiano:
- Prova a indagare nel profondo di te stesso e, di tanto in tanto, domandati: “Chi sono io?”, “Che cosa mi fa bene?” e “Che cosa mi danneggia?”
- Ogni sera prova a tracciare un bilancio onesto di come è andata la giornata: analizza i “successi” e gli eventuali “errori” senza per questo giudicarli
- Informati, leggi, studia e approfondisci ciò che ti fa stare bene e che può aiutarti nel tuo personale percorso di crescita
- Se puoi continua a formarti lungo il percorso dello Yoga e valuta la possibilità di iscriverti a un nuovo corso di Formazione per Insegnanti
Svadhyaya e posizioni Yoga
Svadhyaya può trovare una sua applicazione concreta anche durante la pratica fisica degli Asana.
Infatti, come nel caso del Pranayama e della Meditazione, lavorando con il nostro corpo abbiamo la straordinaria opportunità di studiare noi stessi alla continua ricerca della nostra autenticità.
Si tratta di un sottile lavoro di indagine che con il tempo lascerà emergere la tua vera Essenza!
Per sperimentare ciò, particolarmente indicati sono gli Asana con flessione in avanti.
Infatti, come probabilmente saprai, le posizioni Yoga di chiusura ci consentono di rivolgere lo sguardo all’interno, ponendoci in uno stato di profonda auto-osservazione.
Inoltre, sul piano psicologico, tali posture favoriscono l’abbandono, attitudine indispensabile per una reale comprensione.
Ecco alcune posizioni Yoga di Flessione in avanti che potresti provare:
- Uttanasana (chiamata anche Padahastasana, la posizione delle mani ai piedi o della Pinza in piedi)
- Paschimottanasana (la posizione della Pinza o della parte posteriore del corpo distesa)
- Parsvottanasana (la posizione della Piramide o dell’allungamento intenso laterale)
- Janu Sirsasana (la posizione della testa al ginocchio)
- Krounchasana (la posizione dell’Airone)
- Kurmasana (la posizione della Tartaruga)
- Prasarita Padottanasana (la posizione dello stiramento intenso)
- Upavista Konasana (la posizione seduta ad angolo)
5 | Ishvara Pranidhana: arrendersi al Divino
Siamo giunti al quinto ed ultimo Niyama: l’osservanza personale di Ishvara Pranidhana che letteralmente significa “arrendersi al Divino” (Ishvara).
Ecco come Patanjali tratta questo concetto all’interno degli Yoga Sutra:
Ishvara Pranidhana rappresenta quindi l’abbandono ad un Essere Supremo.
In altre parole si tratta della nostra capacità di affidarci ad un Essere superiore, a qualcosa di più grande di noi che ci sovrasta, illumina e protegge.
Infatti lo stesso Patanjali non circoscrive il concetto di Ishvara ad una divinità specifica ma si riferisce generalmente alla fede in un Essere spirituale.
Questo rappresenta un aspetto estremamente interessante poiché consente al praticante di sviluppare la propria devozione per qualunque Entità, sia essa rappresentata dall’intero Creato, dalla Natura o da una Divinità.
Ciò significa che il Divino può assumere la forma che preferisci.
A te sta la scelta di decidere a chi consacrare le tue azioni…
Infine, è bene sapere che, da un’altra prospettiva Ishvara Pranidhana può anche coincidere con “il nostro vero Sè”, vale a dire con la “Divinità che alberga in ciascuno di noi”.
Pertanto, in questi termini, il Niyama di Ishvara Pranidhana rappresenta un invito a vivere con profonda intenzione il proprio dovere distaccandosi dai risultati delle proprie azioni (come prescritto dal Karma Yoga).
Cerchiamo però di capire come applicare concretamente Ishvara Pranidhana…
Come praticare Ishvara Pranidhana?
È possibile praticare il Niyama di Ishvara Pranidhana in diversi modi.
Anzitutto attraverso la via della Preghiera formale, con la recitazione dei Mantra, oppure consacrando le proprie azioni alla Divinità prescelta.
Per applicare questa osservanza personale puoi inoltre scegliere di portare piena consapevolezza in ogni tua attività o esperienza, conscio del fatto che non tutto dipende da te. Infatti, l’esistenza di forze superiori che governano l’Universo, ci deve portare a compiere al meglio ogni azione con le risorse di cui realmente disponiamo.
Dunque, come detto in precedenza, non è necessario che tu creda necessariamente ad una rappresentazione antropomorfa di Dio per mettere in atto questo Niyama ed accettare che esista un Disegno Divino, un’Essenza benevola che regola l’Universo.
Di seguito elenco qualche suggerimento per mettere in pratica il concetto di Ishvara Pranidhana nella vita di ogni giorno:
- Prova a fare del tuo meglio ogni volta che intraprendi un nuovo progetto ma cerca di lasciare andare ciò che sai di non poter controllare
- Se non lo hai mai fatto, sperimenta i poteri e gli straordinari benefici dei Mantra
- Cammina a piedi nudi nell’erba, abbraccia un albero o fermati a contemplare un cielo stellato. Mantieni vivo il tuo contatto con la Natura per fare esperienza diretta del concetto di “Uno con il Tutto”
Ishvara Pranidhana e posizioni Yoga
Un modo interessante per mettere a frutto Ishvara Pranidhana anche sul tappetino è quello di “abbandonarsi completamente alla pratica” degli Asana.
Ad esempio, quando esegui una posizione Yoga, mentre “abiti” una specifica postura, lascia che sia essa stessa a sprigionare su di te i suoi benefici: affidati a “ciò che è” e lascia accadere ciò che deve accadere!
In altri termini concedi una pausa ai tuoi pensieri, sospendi ogni tipo di giudizio o aspettativa e fluisci nella magia stessa della tua pratica…
Inoltre, un modo davvero efficace per sperimentare il Niyama di Ishvara Pranidhana potrebbe essere attraverso l’esecuzione degli Asana di Meditazione e rilassamento.
Sebbene ogni posizione Yoga dovrebbe considerarsi “meditativa” alcuni Asana favoriscono più di altri l’ingresso nello Stato meditativo.
Ecco alcuni Asana di meditazione e rilassamento che potresti sperimentare per “lasciarti andare” e contemplare il momento presente:
- Savasana (la posizione del Cadavere)
- Siddhasana (la posizione Yoga Perfetta)
- Sukasana (la posizione Semplice a gambe incrociate)
- Ardha Padmasana (la mezza posizione del Loto)
- Padmasana (la posizione del Loto)
Conclusioni
Siamo giunti alla fine del nostro viaggio alla scoperta dei Niyama.
In questo articolo abbiamo cercato di conoscere più da vicino ciascuna delle 5 osservanze personali che costituiscono il secondo passo del Sentiero tracciato da Patanjali nei suoi Yoga Sutra.
Abbiamo analizzato il significato dei Niyama e soprattutto abbiamo visto come poterli applicare, sia nella pratica Yoga sul tappetino che nella vita di ogni giorno.
Anche questa volta mi auguro di essere riuscita a fornirti qualche utile spunto per proseguire nella tua pratica e nel tuo personale cammino di crescita…
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Grazie per il tempo che ci hai dedicato…
Al prossimo articolo!
Francesca Nera 🙂