Yama, i principi etici dello Yoga
Gli Yama rappresentano il primo degli 8 passi dello Yoga secondo Patanjali.
In questo articolo approfondiremo dunque il gradino numero uno del sentiero chiamato Ashtanga Yoga (ti ricordo che “Ashta” significa “otto”, mentre “Anga” vuol dire “passi” o “membra”).
Infatti, Yama e Niyama costituiscono le basi, i presupposti irrinunciabili per intraprendere un percorso yogico che non si limiti alla pratica degli Asana sul tappetino!
Si tratta dei principi etici e delle osservanze personali che, secondo la tradizione patanjaliana, uno Yogi dovrebbe mettere in atto ogni giorno.
Considerali come delle linee guida, come una serie di indicazioni che, passo dopo passo, ti aiuteranno a vivere una vita più autentica e a raggiungere la piena consapevolezza di te stesso.
Oggi sosteremo dunque in questo primo stadio dello Yoga Classico di Patanjali per capire meglio il significato del concetto di Yama.
Inoltre vedremo quali sono i 5 Yama e li conosceremo nel dettaglio.
Infine, scopriremo come praticare gli Yama, quali sono le loro possibili applicazioni nello Yoga e nella vita di tutti i giorni.
Buona lettura!
Che cosa sono gli Yama nello Yoga?
Patanjali introduce il concetto di Yama all’interno del Samadhi Pada, la seconda sezione che compone gli Yoga Sutra nella quale l’autore si occupa di affrontare il tema dei mezzi concreti per realizzare i fini dello Yoga.
«Il primo ramo dello Yoga è Yama,
e viene paragonato alle radici dell’albero
perché è la base sulla quale cresce tutto il resto»
(B.K.S Iyengar – “L’Albero dello Yoga”).
Prima di addentrarci in ciascuno dei principi etici dello Yoga, proviamo a capire insieme che cosa significa la parola Yama…
Il termine Yama può essere tradotto letteralmente come “astensioni”.
Tuttavia è importante sottolineare come in realtà non si tratti di obblighi o ingiunzioni, piuttosto di una serie di indicazioni sugli atteggiamenti da assumere nei confronti del mondo fisico e sociale che ci circonda.
Potremmo quindi considerare gli Yama come dei punti di riferimento per il buon vivere collettivo.
Si tratta infatti di principi etici che riguardano il nostro rapporto con gli altri e che possiamo adottare come guide nella gestione delle relazioni con tutto ciò che sta intorno a noi.
Inoltre devi sapere che gli Yama hanno un carattere e una valenza universale in quanto si tratta di valori che vanno al di là del tempo e dello spazio.
Dunque, per quanto si tratti di principi antichissimi, gli Yama sono da considerare più che mai attuali!
«…Yama ci dice cosa si deve evitare per non danneggiare l’individuo e la società…
Queste sono discipline etiche esistite sempre e dovunque nel genere umano da tempo immemorabile»
(B.K.S Iyengar – “L’Albero dello Yoga).
Infine, se preferisci puoi immaginare gli Yama come fossero delle “bussole” capaci di darti degli spunti interessanti sulla direzione da dare alla tua vita in una prospettiva di crescita spirituale, individuale e sociale.
Quali sono i 5 Yama?
Vediamo ora quali sono i 5 Yama della filosofia Yoga così come descritti dal Saggio Patanjali nei suoi Yoga Sutra:
- Ahimsa
Il primo Yama riguarda la pratica della “non violenza”.
Di fatto rappresenta un invito a non fare del male e a vivere nel segno della gentilezza e della compassione nei confronti di tutti gli esseri viventi. - Satya
Il secondo Yama corrisponde al principio della “verità”.
Tale indicazione ci esorta a non mentire al fine di condurre un’esistenza illuminata dai valori dell’onestà e dell’autenticità. - Asteya
Il terzo Yama coincide con il principio morale del “non rubare”.
Ci esorta a mettere in pratica il concetto universale di non appropriazione e, più in generale, a non prendere qualcosa che non ci appartiene o che non ci è stato donato liberamente. - Brahmacharya
Il quarto Yama corrisponde al principio della “moderazione”.
Si tratta di un invito a condurre una vita guidata dalla continenza e dall’autodisciplina in modo da non disperdere inutilmente le proprie energie. - Aparigraha
Il quinto ed ultimo Yama è rappresentato dal concetto del “non accumulo”, inteso anche come non attaccamento agli oggetti, alle persone o alle idee.
Seguire tale indicazione può essere davvero utile per aiutarci a frenare i desideri di possesso, l’avidità e l’egoismo.
Ma ora proviamo ad analizzare nel dettaglio ognuno dei 5 Yama…
Inoltre, proverò a darti qualche consiglio per cercare di mettere in pratica questi principi filosofici nella vita di ogni giorno…
1 | Ahimsa: non violenza
Secondo lo Yoga Classico di Patanjali lo Yama Ahimsa rappresenta il principio etico della “non violenza”.
La parola sanscrita Ahimsa deriva infatti da “a”, particella negativa che significa “non” e “himsa” che vuol dire “violenza” ma anche “uccidere”, “nuocere”, “ferire” o “danneggiare”.
Dunque il termine Ahimsa solitamente può essere tradotto come “non violenza”, “non uccidere” o “non nuocere”.
In sostanza questo Yama fa riferimento al venir meno dell’intenzione di ferire, danneggiare o offendere qualsiasi essere vivente.
Non solo! Secondo alcuni interpreti e commentatori degli Yoga Sutra, tra cui il Maestro B.K.S Iyengar, la pratica di Ahimsa non si riferisce semplicemente alle azioni ma anche ai pensieri.
Di conseguenza l’indicazione è quella di non recare alcun danno nemmeno con il pensiero.
Infatti, si ritiene che il concetto di “non violenza” debba sorgere della coscienza, quindi già all’origine dei pensieri, prima di tradursi in parole e azioni.
Probabilmente saprai che il principio della “non violenza” è un’eredità che arriva da molto lontano.
Infatti, questo importante concetto è contenuto anche in diversi testi antichi della tradizione buddhista così come nell’Induismo, nel Taoismo e nel Jainismo.
Inoltre, parlando dello Yama della “non violenza”, è doveroso fare un salto in epoca moderna per citare Mahatma Gandhi, colui che fece del principio di Ahimsa un pilastro della propria vita quotidiana e persino della vita politica.
In questo senso ritengo che, nell’accezione contemporanea, il concetto Yoga di Ahimsa possa e debba essere applicato anche in ambito civile.
E, a proposito di applicazione pratica, proviamo a capire come tradurre questo prezioso Yama nella vita di tutti i giorni…
Come praticare Ahimsa?
Come abbiamo visto fin qui, sebbene la traduzione letterale di Ahimsa significhi “non uccidere” o “non nuocere”, il reale significato di tale Yama è ben più ampio.
Praticare Ahimsa nella vita quotidiana comporta la necessità di trascendere il desiderio di nuocere non solo agli altri e alla società ma anche nei confronti di se stessi.
In altre parole, oltre a “non fare del male” agli altri è fondamentale “non fare violenza” nemmeno al tuo corpo o al tuo personale sentire!
Qualche esempio?
Non essere violento con te stesso può voler dire essere più gentile con il tuo corpo durante la pratica Yoga degli Asana.
A volte per raggiungere una determinata posizione ci forziamo oltre ogni nostra possibilità e questo insistere sul proprio corpo fisico (magari troppo stanco o non adeguatamente preparato in precedenza) significa venir meno al principio di Ahimsa.
Ecco alcuni consigli utili per praticare Ahimsa e coltivare un’attitudine non violenta nella vita quotidiana:
- Prenditi cura del tuo corpo, nutrilo con amore e attenzione
- Metti in pratica comportamenti virtuosi usando nei confronti di te stesso e degli altri atteggiamenti come l’ascolto, la gentilezza e la compassione
- Vigila sul tuo modo di parlare evitando accuratamente giudizi e critiche che possano ferire gli altri
Ahimsa e posizioni Yoga
Proviamo a vedere ora come mettere in pratica lo Yama di Ahimsa attraverso alcune posizioni Yoga.
In realtà è possibile applicare questo principio etico attraverso l’esecuzione di qualsiasi Asana ma trovo che attingere dalla famiglia delle torsioni e dai loro benefici sia davvero un ottimo modo per coltivare la “non violenza”.
Spesso gli atteggiamenti ostili nascono dalla paura e dall’ignoranza perciò è molto importante partire dal cambiamento di noi stessi per lasciarsi alle spalle eventuali rancori.
Infatti, sul piano psicologico, le posizioni di torsione sono particolarmente indicate per aiutarti a lasciare andare la rabbia e il risentimento.
Inoltre, anche a livello fisico, le torsioni favoriscono la purificazione e il rilascio delle tossine.
Ecco alcuni Asana in torsione che potrebbero fare al caso tuo:
- Ardha Matsyendrasana (la posizione del Saggio Matsyendra)
- Jathara Parivartanasana (la posizione del ventre ruotato)
- Parivritta Ardha Chandrasana (la posizione della Mezza Luna ruotata)
- Parivritta Janu Sirsasana (posizione della testa al ginocchio in torsione)
- Parivritta Parsvakonasana (posizione dell’angolo laterale in torsione)
- Parivritta Trikonasana (posizione del Triangolo ruotato)
2 | Satya: verità
Proseguendo il nostro viaggio alla scoperta del secondo Yama: eccoci arrivati a Satya.
Satya corrisponde al principio etico della “verità”.
Anche nel caso di questo Yama, la cui traduzione può corrispondere al “non mentire”, è necessario andare oltre al significato più superficiale delle parole.
Satya rappresenta sicuramente un invito ad esprimerci con parole e toni che siano onesti e veritieri ma, al tempo stesso, ci incoraggia ad ascoltareci e a far emergere la parte più autentica che è in noi.
Infatti questo principio etico è particolarmente utile per aiutarci a riflettere sull’importanza di mettere l’autenticità in ogni nostra scelta, relazione o esperienza.
Dunque lo Yama descritto da Patanjali come Satya ci porta a ricercare sempre la massima onestà nei confronti degli altri e di noi stessi.
«Se la mente avesse pensieri di verità,
se la lingua dicesse parole di verità e se tutta la vita fosse basata sulla verità,
allora saremmo pronti per l’unione con l’infinito.
La realtà nella sua natura originale è amore e verità
e si esprime con questi due aspetti».
(B.K.S Iyengar – “Teoria e pratica dello Yoga”).
Come praticare Satya?
Come abbiamo visto anche questo Yama ci insegna come i nostri pensieri, le parole e le azioni siano estremamente importanti.
Satya corrisponde alla “verità” e, il primo modo per essere veritieri con se stessi, è quello di imparare ad accettare i propri limiti.
Dunque, per attuare il principio etico di questo Yama durante la tua pratica di posizioni Yoga, è importante prendere consapevolezza delle reali condizioni del tuo corpo e dello stato in cui si trova la tua mente…
Quindi, senza false ipocrisie o vergogna, cerca di individuare quali sono le tue debolezze del momento e adatta la tua pratica di conseguenza…
In altre parole, sii onesto con te stesso!
Dopotutto mentire non fa altro che allontanarti dalla tua piena realizzazione.
Inoltre, per applicare il principio filosofico di Satya nel quotidiano è importante stare attenti a quello che diciamo, a come lo diciamo, e in che modo le nostre parole potrebbero avere delle ricadute sugli altri.
Infatti, a volte, dire la verità potrebbe avere delle conseguenze negative e ferire qualcuno…
In questo caso specifico è meglio non dire nulla per non entrare in conflitto con il principio della “non violenza” di Ahimsa.
Ecco alcuni consigli utili per mettere in pratica Satya nella vita di ogni giorno:
- Rifletti bene prima di parlare e di agire: fai in modo che parole e azioni coincidano con ciò che provi e senti realmente
- Prova ad esprimerti in modo chiaro e trasparente cercando sempre di esternare la verità senza recare danni agli altri
- Cerca di rivolgiti agli altri e a te stesso con amore e gentilezza
- Abbi il coraggio di scrutare in te stesso per scoprire la tua verità, anche quando potrebbe sembrarti scomoda o poco piacevole
Satya e posizioni Yoga
Anche lo Yama di Satya può essere messo in pratica attraverso numerose posizioni Yoga.
Tra queste, far riferimento al gruppo di Asana di equilibrio in piedi, può essere particolarmente indicato per educare la nostra mente ad essere perfettamente consapevole del momento presente e a stare con “ciò che c’è”.
Infatti, sul piano psicologico, le posizioni Yoga di equilibrio ci invitano a dare il benvenuto al “qui e ora”, quell’unico frangente di vita davvero reale e autentico.
In altre parole ci avvicinano quanto più possibile al concetto di “verità”.
Ecco un elenco di Asana di equilibrio in piedi che potresti sperimentare:
- Vrksasana (la posizione dell’Albero)
- Garudasana (la posizione di Garuda o dell’Aquila )
- Ardha Chandrasana (la posizione della Mezza Luna)
- Utthita Hasta Padangustasana (la posizione della mano estesa all’alluce)
3 | Asteya: non rubare
Asteya è il terzo Yama indicato da Patanjali nel sentiero dell’Ashtanga Yoga.
Il principio etico di Asteya può essere tradotto come “non rubare”, non appropriarsi di ciò che non ci appartiene.
Come abbiamo visto per gli altri Yama, anche il concetto Yoga di Asteya non si limita a indicare l’importanza di non sottrarre qualcosa a qualcuno.
Infatti il significato di “non appropriazione” è ben più articolato e profondo e riguarda l’arte di vivere onestamente nei confronti di se stessi e del mondo.
Pertanto lo Yogi che intende praticare Asteya è tenuto ad astenersi dall’appropriazione indebita in qualsiasi forma. Ciò significa che non farà suo alcun oggetto materiale o bene immateriale che non gli appartenga o che non gli sia dovuto.
Inoltre, mettere completamente a frutto questo Yama, significa anche non nutrire alcun desiderio di appropriazione… Tuttavia, contenere tali istinti non è cosa semplice e richiede che la mente sia in uno stato di assoluta tranquillità e purificazione.
Ma vediamo subito come poter applicare questo Yama nella nostra vita…
Come praticare Asteya?
Come abbiamo capito praticare Asteya, lo Yama dedicato al “non rubare” o alla “non appropriazione”, non comporta solo l’astensione dal furto di oggetti o beni materiali.
In questi termini potremmo pensare di essere in molti a seguire scrupolosamente il principio etico di Asteya…
Ma non è così semplice e, il fascino degli Yama di Patanjali, molto probabilmente sta proprio nella loro sottile profondità d’interpretazione.
In realtà, applicare nella vita di tutti i giorni le indicazioni di questo Yama significa anche non sottrarre tempo, pensieri e idee agli altri.
Inoltre vuol dire non impossessarsi di ruoli o riconoscimenti che non sono frutto del nostro lavoro.
Infine può significare anche il fatto di non privarci di opportunità che potrebbero essere utili alla nostra crescita personale e spirituale.
Di seguito ti elenco qualche spunto per mettere concretamente in pratica Asteya:
- Prova a circondarti solo degli oggetti di cui pensi di avere diritto e reale necessità
- Cerca di non fare un uso improprio del tempo altrui in modo da non sottrarre agli altri energie per cose inutili
- Non intestarti idee o meriti che spettano ad altre persone
- Metti in pratica principi come la generosità e dona al mondo la parte più autentica di te
Asteya e posizioni Yoga
Come gli altri Yama, per mettere a frutto il principio etico di Asteya, potresti ricorrere anche alla pratica di diverse posizioni Yoga.
Ma in che modo?
Una soluzione concreta per poter lavorare sul concetto di “onestà” potrebbe essere quella di focalizzarti sugli Asana di radicamento.
Infatti, le posizioni che attivano il Primo Chakra Muladhara e che ti consentono di riconnetterti alla Terra, possono aiutarti a trovare “il tuo centro”, la forza e la stabilità di cui hai bisogno. Una volta ristabilito il legame con la tua “base” e le tue “radici” sarai in grado di far emergere la parte più autentica di te e donarla con gioia agli altri.
Non a caso, sul piano psicologico, le posizioni incentrate sul “radicamento a Terra” nutrono il nostro istinto di sopravvivenza e alimentano il senso di equanimità.
Ecco alcuni Asana di radicamento di cui potresti fare tu stesso esperienza:
- Tadasana (la posizione della Montagna)
- Virabhadrasana (la posizione del Guerriero)
- Savasana (la posizione del Cadavere)
- Upavista Konasana (la posizione seduta ad angolo)
- Vrksasana (la posizione dell’Albero)
4 | Brahmacharya: moderazione
Il nostro viaggio prosegue con il quarto Yama: Brahmacharya.
Si tratta probabilmente del principio etico di Patanjali più discusso…
Generalmente tradotta come “astinenza sessuale” o “castità”, di fatto questa indicazione oggi si riferisce in maniera più ampia al concetto di “moderazione” e non implica necessariamente il celibato come si potrebbe pensare inizialmente.
Il Sutra che riguarda lo Yama di Brahmacharya fa chiaramente riferimento all’astinenza sessuale intesa come via per non disperdere le proprie energie.
Infatti devi sapere che, in passato, Brahmacharya rappresentava anche il primo dei quattro momenti della vita di un Brahmacharin cioè gli uomini della prima fra le Caste dell’India, quella dei sacerdoti.
In questa fase i giovani aspiranti Brahmani erano seguiti dal proprio Maestro spirituale ed erano tenuti a dedicarsi con grande disciplina allo studio dei testi sacri.
Per far sì che, in questa fase dell’adolescenza, non disperdessero le proprie energie essi erano tenuti a seguire rigorose pratiche di purificazione e devozione che prevedevano anche l’astinenza sessuale.
Nell’Occidente di oggi lo Yama di Brahmacharya è più che altro da intendersi come un invito a condurre una vita guidata dalla continenza e dall’autodisciplina in modo da non dissipare inutilmente le proprie energie.
Cerchiamo allora di capire come mettere in pratica Brahmacharya nella nostra vita quotidiana…
Come praticare Brahmacharya?
Brahmacharya è uno Yama che ancora oggi ha un grande valore universale e riuscire a metterlo in pratica può aiutarci sicuramente a condurre una vita più moderata.
Infatti, coltivare l’attitudine all’autocontrollo svincolandosi dalle continue sollecitazioni (o addiruttita dalle schiavitù) dei sensi può certamente consentirti di vivere in maniera più libera e consapevole.
Ciò non riguarda solamente la necessità di arginare un eccesso di disinvoltura nei propri comportamenti sessuali, ma interessa qualunque tipo di dipendenza. Mi riferisco a quegli impulsi che a volte ci portano a ricercare un eccesso di piacere… Come, ad esempio, consumare inutilmente troppo cibo, abusare di fumo, alcol o di qualsiasi altro tipo di “esagerazione” che potrebbe offuscare la mente e distoglierci dal nostro cammino.
Ed ecco alcuni semplici spunti per applicare Brahmacharya nel quotidiano:
- Cerca di essere moderato e generoso nei confronti di te stesso, degli altri e anche dell’ambiente che ti circonda
- Prova a canalizzare le tue energie in relazioni autentiche che possano arricchire di significato la tua vita
- Se puoi adotta un regime alimentare moderato privilegiando i cibi sattvici e facili da digerire, come suggerito dall’Ayurveda
- Non sprecare le tue energie alla ricerca di piaceri effimeri
Brahmacharya e posizioni Yoga
Anche il principio di Brahmacharya può trovare una sua applicazione concreta durante la pratica fisica degli Asana.
Anzitutto è bene ricordare l’importanza di ponderare con molta attenzione lo sforzo fisico in modo da non insistere eccessivamente pur di “raggiungere” una determinata posizione.
Ricorda di onorare sempre i tuoi limiti, esattamente come detto riguardo alla pratica della “non violenza” (Ahimsa)!
Ciò ti consentirà di non sprecare inutilmente le tue energie.
Per nutrire i principi di moderazione e autocontrollo insiti nel concetto filosofico di Brahmacharya potresti ricorrere alla pratica degli Asana con flessione in avanti.
Infatti le posizioni Yoga di chiusura, chiamate anche piegamenti frontali, ci aiutano a rivolgere lo sguardo all’interno, ponendoci in uno stato di introspezione e ascolto profondo.
Dunque sul piano psicologico questi Asana favoriscono l’abbandono, qualità fondamentale per la comprensione poiché, solo lasciando andare le vecchie credenze, è possibile fare spazio al nuovo.
In questo modo sarà più facile incanalare al meglio le tue energie senza sprecarle.
Ecco alcune posizioni Yoga di Flessione in avanti:
- Uttanasana (chiamata anche Padahastasana, la posizione delle mani ai piedi o della Pinza in piedi)
- Janu Sirsasana (la posizione della testa al ginocchio)
- Krounchasana (la posizione dell’Airone)
- Kurmasana (la posizione della Tartaruga)
- Parsvottanasana (la posizione della Piramide o dell’allungamento intenso laterale)
- Pascimottanasana (la posizione della Pinza o della parte posteriore del corpo distesa)
- Prasarita Padottanasana (la posizione dello stiramento intenso)
- Upavista Konasana (la posizione seduta ad angolo)
5 | Aparigraha: non accumulo
Ed eccoci infine al quinto ed ultimo Yama di Patanjali: il principio etico di Aparigraha che significa “non accumulo”.
Tuttavia questo Yama non riguarda solamente il “non accumulo” di oggetti materiali, di idee e pensieri, ma anche il “non attaccamento” ad essi e la capacità di trascendere i desideri di possesso.
L’indicazione universale di Aparigraha rappresenta senza dubbio un invito a frenare la nostra avidità e l’egoismo.
Non si tratta però di rinunciare per forza a tutto e a tutti per vivere in condizione di assoluta miseria.
Piuttosto questo Yama ci insegna ad alleggerirci dei tanti fronzoli che spesso rappresentano degli ostacoli per la nostra evoluzione.
Di fatto, circondarci di ciò che è superfluo, non fa altro che creare dei limiti per una vita davvero tranquilla ed equilibrata.
Infatti attraverso questo Yama Patanjali ci indica la via per renderci finalmente liberi dal possesso dall’Io e del Mio.
Hai mai fatto caso a quanto accumulare oggetti, relazioni oppure opinioni, generi una catena inesauribile di bisogni?
Questo perché ogni cosa che crediamo di possedere in realtà ci appaga solo apparentemente e, di fatto, potrebbe trasformarsi persino in una schivitù.
Ma cerchiamo di capire come applicare Aparigraha nei fatti concreti…
Come praticare Aparigraha?
Come avrai capito praticare lo Yama di Aparigraha significa possedere solo quello che per noi è realmente necessario.
E, come abbiamo, visto ciò riguarda sia beni materiali che immateriali.
Quindi per mettere in pratica il principio etico del “non accumulo” e del “non attaccamento” è importante non identificarsi mai con ciò che abbiamo (comprese le relazioni) per evitare di innescare una dipendenza dagli oggetti o dalle persone.
Inoltre, è importante comprendere che il possesso non è mai fonte di una reale felicità e, come detto in precedenza, quel senso di soddisfazione che possiamo provare è solamente un’illusione effimera e transitoria.
Di seguito qualche suggerimento per praticare Aparigraha nella vita di ogni giorno:
- Prova a riflettere su quali sono i tuoi reali bisogni.
Prima di acquistare qualcosa di nuovo chiediti: “Questa cosa mi serve davvero?” - Se possibile ricicla gli oggetti invece di buttarli.
Ad esempio, potresti riconvertire un capo d’abbigliamento per farne un uso diverso - Consuma solo ciò che è necessario e se puoi dona quello che non ti serve ad altri che potrebbero averne bisogno
- Cerca di non aggrapparti a vecchie idee, lascia andare i pensieri ricorrenti e le relazioni che ti appesantiscono
Aparigraha e posizioni Yoga
Un interessante modo per mettere a frutto lo Yama di Aparigraha anche sul tappetino è quello di non assumere mai un atteggiamento competitivo, né nei confronti di te stesso, né tantomeno dei tuoi compagni di Yoga.
Inoltre ciò significa non prestare troppa attenzione alla tua performance fisica e al raggiungimento di obiettivi troppo ambiziosi.
Piuttosto, nell’esecuzione e studio degli Asana, cerca di mantenere un’attitudine “neutra”, senza scivolare nel giudizio severo di fronte a un “fallimento” o in un’autocelebrazione eccessiva in caso di “successo”.
Tra le innumerevoli posizioni Yoga per poter fare esperienza del concetto filosofico di “non accumulo”, particolarmente indicate sono le Asana con estensione indietro.
Questa famiglia di posture, chiamate anche inarcamenti, simboleggiano infatti l’apertura al mondo circostante nella gioia della condivisione.
Dunque attingendo al significato profondo di una condivisione autentica, sul piano psicologico, è possibile frenare istinti come avidità ed egoismo.
Inoltre, attraverso la gioia della condivisione sarà più facile trascendere il desiderio di possesso e quell’attitudine malsana all’attaccamento.
Ecco alcuni Asana con estensione indietro che potresti sperimentare:
- Bhujangasana (la posizione del Cobra)
- Urdhva Mukha Svanasana (la posizione del Cane a faccia in sù)
- Ustrasana (la posizione del Cammello)
- Dhanurasana (la posizione dell’Arco)
- Salabhasana (la posizione della Locusta)
- Setu Bandha Sarvangasana (la posizione del Ponte contratto)
- Urdhva Dhanurasana (o Chakrasana, la posizione dell’Arco verso l’alto)
Conclusioni
In questo articolo dedicato agli Yama abbiamo cercato di fare chiarezza su ciascuno dei 5 principi etici che costituiscono il primo passo del Sentiero tracciato da Patanjali.
Abbiamo scoperto il significato degli Yama e soprattutto la loro possibile applicazione, sia nella pratica sul tappetino, che nella vita quotidiana.
Spero di essere riuscita a darti qualche spunto interessante per proseguire nella tua pratica Yoga e nel tuo personale cammino di crescita…
Nei prossimi articoli continueremo il nostro viaggio alla scoperta degli 8 passi che costituiscono la Via di quello che viene definito Ashtanga Yoga.
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Grazie per il tempo che ci hai dedicato…
Al prossimo articolo!
Francesca Nera 🙂