Il ” conformismo” yogico.

Il ” conformismo” yogico.

L’ uomo saggio non pretende di essere maestro agli altri né li considera come suoi discepoli: perché non ama né se stesso come maestro né gli altri come discepoli.
(Lao Tzu)

Per chi come me ha fatto dello yoga uno strumento per “straripare” dagli argini è davvero difficile accettare il “conformismo” yogico che dilaga in molte scuole.
È difficile pensare a lezioni stereotipate basate su regole ferree e schematiche.
L’acqua fluisce scavando la roccia e adattandosi ad ogni contenitore. Credo che il fluire, la resa, che non è rassegnazione, sia alla base di tutto, almeno per quella che è il mio vissuto.
Perché ingabbiarsi in una pratica?
Il vero yoga è quello che scorre dalla tua interiorità, è la pratica che ti scorre dentro, la leggerezza nonostante il duro lavoro, ti porta fuori dal tempo e dallo spazio, in una tua dimensione, solo allora diventa meditazione.
Troppo spesso la pratica consiste in metodi coercitivi, solo un insieme di regole:

Devi iniziare con un mantra, devi eseguire gli asana perfetti; devi seguire uno schema preciso e guai se sbagli, Il “maestro” ti bacchetta; devi indossare abiti di un certo colore piuttosto che un altro.
Con quale animo vivi questa pratica? Con la paura di sbagliare, con quell’ “egoicità” che non deve deludere il “maestro”. Con quelle movenze che scimmiottano il “maestro”.
È il “maestro” che muove i fili della tua esistenza… La verità è che camminare da soli fa paura, perché tornerà comodo scrollarsi di dosso la responsabilità di un errore.
Credi che ci siano errori nella vita?
La visione che oggi ho dell’errore è che siano i semi della crescita.
E tu? Chiami tutto questo yoga?